Editoriali

I giovani, le nostre antenne

Con un clic sul tablet, terminata la preghiera mariana dell’Angelus il Papa domenica 23 ottobre 2022 si era iscritto alla 37° Giornata Mondiale della Gioventù. Un gesto, di nove mesi fa, il tempo di una gestazione, che di fatto ha aperto le iscrizioni per questa nuova Gmg. Un segnale, uno sprone, un’indicazione. Nel 2019, quando alla Gmg di Panama si annunciò che il raduno internazionale seguente sarebbe stato a Lisbona, c’era l’intuizione che grazie al Portogallo e al suo spirito, alla sua storia, questa edizione, più di altre, avrebbe rappresentato un momento forte d’incontro e tessitura tra continenti. Mai però si sarebbe immaginata la grande partita che si sarebbe giocata alla Gmg lusitana. Lo ha ben espresso il vescovo Américo Aguiar, ausiliare di Lisbona e responsabile dell’organizzazione della Gmg, in un’intervista ai giornali: se da sempre l’incontro è una dimensione importante per le Gmg, questa volta è l’esperienza fondante. Dopo il Covid c’è voglia di tornare a stare insieme: lo dicono i numeri delle adesioni che già ora hanno superato le aspettative, anche se molti dei ragazzi non sanno cos’è una Gmg perché sette anni fa, ai tempi di Cracovia, l’ultima Gmg in Europa, erano ancora bimbi, e quindi ora hanno scelto di fidarsi di chi ha raccontato loro della bellezza di questa esperienza.  Con una guerra sanguinosa che segna l’Europa da più di un anno, poi, c’è la necessità di lanciare un messaggio di pace: lo dimostra la presenza confermata di gruppi provenienti da molti Paesi feriti da conflitti e situazioni di grave crisi. I giovani, come ha ben sottolineato Aguiar, non considerano la guerra come un’opzione e sanno che anche sul fronte della crisi climatica o si cambia assieme o si soccombe assieme. E poi, per la prima volta, i partecipanti alla Gmg, che, per i limiti di età richiesti per l’iscrizione dovranno essere tutti nati dopo il 1993, anno in cui si diffusero i sistemi operativi a finestre, saranno nativi digitali al cento per cento. In fondo, come 500 anni fa, anche quello digitale è tutto un continente da scoprire e – perché no – in cui portare la testimonianza del Vangelo. Cosa vuol dire, quindi, tutto ciò per la Chiesa? Significa che Lisbona sarà un grande banco di prova su molti fronti: in Portogallo si saggerà la capacità della comunità cristiana di offrirsi ancora come uno spazio di libertà nel quale i giovani possano esprimersi, abbiano la possibilità di far sentire la propria voce, si sentano protagonisti. Sul tavolo di Lisbona 2023, insomma, è stesa una grande carta nautica nella quale sono ben tracciate le sponde da cui si parte, c’è anche una zona in cui c’è scritto «mare incognitum»: le rotte che vi verranno segnate serviranno ad un’intera generazione per ritrovare la strada di casa. E non è facile. Più semplice perdersi. C’è una “banalità del male”, che genera morte, ma poi c’è anche una “banalità del bene”, che alimenta la profezia. C’è uno scontro tra oscurità e luce che in queste settimane passa dalle vite dei nostri giovani. Passa e lascia segni profondi, alcuni dei quali fanno notizia, assurgono a chiavi di lettura complessive sulla situazione delle nuove generazioni, diventano virali sui social; fanno il rumore sconvolgente di un Suv che distrugge un’utilitaria e uccide un bimbo per una challenge sul web, ci colpiscono come le urla di una ragazza ferita a morte da un coetaneo e come le laceranti grida di dolore di una famiglia che perde una figlia e lo sguardo sul proprio futuro. Un punto di attrazione a cui tutti dobbiamo guardare: così Papa Francesco ha definito questa Gmg di Lisbona. In un video pubblicato il Pontefice, parlando in spagnolo, si rivolge a tutti i giovani che vi parteciperanno: “Alcuni pensano che per via della malattia non posso andare, ma il medico mi ha detto che posso, quindi sarò con voi. Avanti, giovani!" è il messaggio che Francesco affida al video. Poi, mostrando il kit del pellegrino della Gmg 2023, aggiunge: "Non vedo l'ora, io sono già pronto". "Non ascoltate quelli che riducono la vita a delle idee. Poveri. Hanno perso la gioia della vita e la gioia dell'incontro. Pregate per loro" è l'invito che, poi, il Papa fa a tutti i giovani, sia quelli che andranno a Lisbona, sia a quelli che seguiranno da lontano l'incontro mondiale. Ai ragazzi, in particolare, Francesco chiede di non restare chiusi nelle "idee" ma di usare i tre linguaggi della vita: quello della testa, quello del cuore, quello delle mani: "Il linguaggio della testa per pensare chiaramente a quello che sentiamo e che facciamo - nota il Papa -. Il linguaggio del cuore per sentire bene, profondamente, quello che pensiamo e quello che facciamo. Il linguaggio delle mani per fare con efficacia quello che sentiamo e quello che pensiamo". Testa, cuore e mani. Oltre ai piedi, preziosi, come sempre. Tanti elementi in gioco per “collegarsi” con il mondo. Perché «i giovani sono le nostre antenne», ricorda don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile. Una constatazione dalla quale deriva l’invito a sintonizzarsi sui loro canali. Ecco, la Chiesa sceglie di fatto da sempre di fare proprio questo – e guai se vi rinunciasse –: aprirsi all’ascolto dei giovani, dare loro spazio, mettersi al loro fianco, renderli protagonisti nel servizio agli altri. E così facendo coltiva il bene e alimenta la profezia, che è quell’energia in grado di cambiare la storia. Sostenere il bene che possono fare i giovani ha un valore quasi “sacramentale”, perché rende presente in mezzo all’umanità quel progetto d’amore che Dio ha per il mondo. Non si tratta di far finta che la banalità del male tra i ragazzi non esista o di ignorare le ricerche sociologiche sulla grigia situazione delle nuove generazioni. Stiamo parlando, piuttosto, di attraversare con coraggio queste nebbie alla ricerca del lumicino che ancora arde, in attesa di essere alimentato. D’altra parte la bellezza della vita, proprio come il Vangelo, non si trasmette per proselitismo – anche il Papa ce lo ha ricordato di recente –, ma per testimonianza e per attrazione. La conferma viene proprio dalla Gmg: in tantissimi di quelli che ci andranno non avevano idea di cosa fosse, ma si sono lasciati attirare dai racconti – e dagli effetti esistenziali luminosi – dei loro amici più grandi. È la “banalità del bene” che, diffondendosi, diventa profezia.

Carlo Cammoranesi