Editoriali

IA, quale futuro?

L'intelligenza artificiale "sarà la scommessa più sfidante del nostro futuro". Ne ha parlato il cardinale Michael Czerny, quando ha presentato ai giornalisti il Messaggio del Papa per la 57° Giornata Mondiale della Pace, del 1° gennaio scorso. Secondo il prefetto per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, il progresso tecno-scientifico non è uno strumento “neutrale” come il martello. "Se un martello contribuisce al bene o al male dipende dalle intenzioni di chi lo usa, non da quelle di chi lo produce. Le tecnologie digitali basate sull'intelligenza artificiale, invece, 'incorporano' i valori individuali e sociali dei loro creatori; successivamente esse riflettono anche i valori dei loro utilizzatori". Per questo è bene essere consapevoli delle potenzialità, ma anche dei rischi. Così come si evince chiaramente dal messaggio di Papa Francesco che denuncia il 'paradigma tecnocratico', un uso spregiudicato della tecnologia, esclusivamente governato dalla brama di profitto e da interessi di parte. Se è il paradigma tecnocratico l’unica regola che governa l’intelligenza artificiale, questo finirà per causare danni collaterali inauditi: disuguaglianze, ingiustizie, tensioni conflitti. Pertanto, le sfide che pone l’intelligenza artificiale sono tecniche, ma anche antropologiche, educative, sociali e politiche. Anche noi come settimanale ci siamo mossi con anticipo proponendo da qualche mese, una rubrica realizzata proprio dall’intelligenza artificiale su tematiche che interessano il nostro territorio, ma con un uso, per così dire, parsimonioso, certi che non deve trattarsi di un’ingerenza sulle possibilità di occupazione dell’uomo. Un intervento di sostegno, di conoscenza di risorse e opportunità, non una sostituzione tout court degli spazi fino a ieri riservati alla persona. Diventa dunque centrale l'educazione. "Formare coloro che progettano gli algoritmi e le tecnologie digitali affinché siano essi stessi più responsabili; poi educare tutti, soprattutto i giovani, a usare le nuove tecnologie in modo consapevole e al pensiero critico rispetto al loro impatto, soprattutto sui poveri e sull'ambiente", riporta ancora il Messaggio. Il tema della Giornata per la pace mette quindi al centro della riflessione i progressi più recenti delle tecnologie digitali, e inserisce la Chiesa in un ruolo di primo piano nel dibattito in corso, di grande rilievo per il futuro dell’umanità. Il Messaggio ha un approccio realistico, consapevole delle potenzialità positive dell’Intelligenza Artificiale, come anche dei problemi da affrontare perché l’I.A. sia messa “al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e della comunità”. Le questioni in gioco non sono primariamente legate agli aspetti tecnici, perché le soluzioni tecnologiche, “hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi”. Il Messaggio propone un punto di vista antropologico, che si oppone alla mentalità tecnocratica, richiamando il senso del limite. Troppo spesso accade che i criteri di giudizio prevalenti esprimano una mentalità efficientista e una concezione puramente funzionale della realtà e dello stesso essere umano, trascurando “questioni più profonde riguardanti il significato dell’esistenza umana, la tutela dei diritti umani fondamentali, il perseguimento della giustizia e della pace”. Pertanto “il processo di discernimento etico e giuridico può rivelarsi un’occasione preziosa per una riflessione condivisa sul ruolo che la tecnologia dovrebbe avere nella nostra vita individuale e comunitaria e su come il suo utilizzo possa contribuire alla creazione di un mondo più equo e umano”. L’intelligenza artificiale è un tipo di tecnologia che non serve a fare una cosa, ma cambia il modo in cui facciamo tutte le cose, com’è accaduto con l’elettricità. E sappiamo che per l’energia si sono combattute molte guerre. L’IA è una risorsa preziosa ma anche fonte di conflitto, tanto sull’approvvigionamento di tecnologie quanto sulla superiorità che il suo possesso può dare rispetto al nemico, non solo sui campi di battaglia. Per questo l’IA è una risorsa fondamentale oggi negli scenari geo-politici. La principale insidia è quella relativa a un mezzo in grado di perseguire un fine costi quel che costi. I conflitti accadono quando si perseguono obiettivi senza tener conto delle conseguenze. C’è poi la questione dell’impatto enorme sullo scenario economico, di per sé fonte di squilibri e di tensioni. Ma in gioco c’è un altro aspetto oggi decisivo come la manipolazione del linguaggio, dell’informazione e delle conoscenze. L’influenza che l’IA può avere sull’opinione pubblica, ad esempio creando un nemico, è grandissima. Per questo si parla della necessità di una regolamentazione. Non si crede più che tecnologia sia di per sé sinonimo di progresso. Può esserlo solo se è mediata dai diversi portatori di interessi della società civile, condizione per diventare strumento di sviluppo umano e quindi di pace. È una grande sfida, ma governi e istituzioni sovranazionali lavorano a soluzioni di questo tipo, come fu per mettere sotto controllo il proliferare di armi atomiche. Anche la Chiesa vuole intervenire perché si diffonda questa che è una cultura di pace. In sostanza occorre “mettere a terra” sistemi che non siano competitivi rispetto all’essere umano ma complementari e che contribuiscano alla piena realizzazione dell’uomo senza configurare una sorta di nuova specie di sapiens. E poi c’è l’idea di realizzare sistemi che non escludano o marginalizzino i più poveri creando nuove disuguaglianze, all’origine delle guerre. Per valutare se siamo preparati per il cambio di mondo che già opera, dovremmo chiederci: qual è il contesto spirituale prevalente in Occidente, in specie negli strati più elevati, a cui toccano speciali responsabilità nelle decisioni pubbliche che riguardano tutti? Nelle nostre società liberaldemocratiche l’umanesimo della persona deve affrontare sfide che provengono dall’involuzione dei concetti di liberalismo e di individuo, quest’ultimo ridotto a esclusiva libertà di autodeterminazione, in cui l’altro è sentito come un limite o un avversario. Il liberalismo, che si è trasformato in neoliberalismo e libertismo sul piano etico, e liberismo in campo economico, continua ad occupare la scena. Il loro richiamo alla persona e alla sua dignità è spesso di comodo per coprire altri cammini: le società liberali sono in crisi a motivo della loro concezione aggressiva dell’individuo autocentrato e ostile all’alterità, e del distacco dall’idea cristiana di persona. L’altro è sentito come concorrente, non come potenziale termine di una relazione e della cooperazione. L’Europa dello spirito non potrà portare un sufficiente rimedio a tale clima se abbandonerà il suo retaggio cristiano, e si volgerà alle potenze dell’epoca, inchinandosi a loro idolatricamente. Vanno meditate le parole del filosofo di origine ebraica Karl Löwith, dette 70 anni fa: «Soltanto con l’affievolirsi del cristianesimo è divenuta problematica anche l’umanità». Obliato Dio, rischia di essere messo da parte l’uomo, non più pensabile a sua immagine e somiglianza, secondo il messaggio biblico. Allora l’uomo vede solo i propri prodotti, e si pensa a immagine e somiglianza di sé stesso, della sua corporeità più che del suo spirito.

Carlo Cammoranesi