Editoriali

Un giornale di prossimità

Come tutti gli anni, ma non in maniera ripetitiva. Il nostro giornale, in gran parte lo stanno facendo tutti, dopo la fase estiva, riprende il suo cammino lanciando una propria campagna abbonamenti. Non abbiamo trucchi promozionali o frasi ad effetto. Non è “un richiamo alle armi”, “una scossa all’utenza che legge”. E’ un atto di amore. Un gesto che viene riproposto, carico di novità e di passione, per sostenere la ricchezza di un percorso che negli anni ha cementato un rapporto saldo e proficuo con ognuno di voi. Sappiamo tutti della crisi dell’editoria, della difficoltà di reggere uno strumento cartaceo dentro le quotidiane sfide del digitale: sembra una battaglia impari. Ma se “L’Azione” da 110 anni continua a svolgere il suo ruolo di informazione nel territorio, lo è perché è entrata nel cuore della sua gente. E lo si avverte di più nel momento del bisogno. Come dentro questa dura parentesi della pandemia. C’è una necessità diffusa di raccontare, di narrare la propria quotidianità, le proprie esperienze, i propri sentimenti. E’ un’esigenza primaria dell’essere umano: quella propensione ad aprirsi agli altri in una comunicazione vera. Non sempre questa esigenza avviene per esibizionismo, il più delle volte esprime quell’impulso interiore alla condivisione, cioè al con-dividere con gli altri il proprio vissuto. In questo tempo di Covid è emerso in chiaroscuro quanto la comunicazione sia appunto con-divisione, cioè dividere insieme e intreccio umano. Si comprende allora quella richiesta di ritorno all’essenziale che ha accompagnato le nostre giornate di lockdown e che è sparita con il passare del tempo. Non a caso abbiamo utilizzato per questa nuova annata lo slogan “Quando la comunicAzione crea la comunità”, giocando sul nome del nostro settimanale. Il prezzo resta bloccato: 40 euro all’anno, con la riuscita iniziativa per i nuovi lettori di regalare loro tre mesi (da ottobre a dicembre di quest’anno) se si abbonano da subito. Resta invariato il prezzo di 60 euro per l’abbonamento amicizia e 80 per quello sostenitore. E anche qui dobbiamo registrare un’interessante adesione dei nostri amici che ci stanno sostenendo con una… quota maggiore. Intanto in via di pubblicazione c’è anche un libro sui nostri… primi 110 anni: una chicca assoluta. Finalmente mettere su carta la nostra storia, documentare passo passo la vita di una testata tra le più longeve d’Italia, con testimonianze, aneddoti, episodi di ieri, ma anche di oggi è diventata una possibilità concreta. E’ una prima finestra che vogliamo aprire, lasciando lo spazio ad una nuova eventuale pubblicazione se dovessero arrivare altri contributi e approfondimenti legati alla storia de ‘L’Azione’. Non possiamo non consegnare ai nostri giovani la bellezza di costruzione e di crescita di una terra attraverso il suo organo di informazione. Quello che vogliamo fare è proprio di comunicare una comunità in cammino, come richiesta di un nuovo stile comunicativo. Il termine stile è molto intrigante. Deriva dal latino stilus, cioè il bastoncino con cui si incidevano le lettere dell’alfabeto sulle tavolette cerate. La derivazione, come spesso accade, indica un percorso con cui guardare e maneggiare il bastoncino per progettare una comunicazione autentica ed efficace, in un ambiente in continua evoluzione, capace di narrare la comunità che cammina nella storia. Con due premesse: la comunicazione non è qualcosa di strumentale o accessorio, ma è parte costitutiva e originale dell’esistenza. In secondo luogo: occorre un impegno concreto per superare la frammentarietà e fare sintesi. Con la sollecitudine del cuore, con i giusti tempi del silenzio, con la profondità della parola. In realtà se ci guardiamo attorno e se ci guardiamo dentro, più che di comunità, diversi segni parlano di sfilacciamento del tessuto sociale, di disagio e di insofferenza. Il Paese conosce un aumento della povertà e delle disuguaglianze, c’è la percezione di un peggioramento diffuso che non è solo economico, ma più in generale esistenziale, che mette in discussione le condizioni di vita ed una percezione che fa nascere un sentimento profondo di impotenza e di inadeguatezza che genera frustrazione, fino ad esprimersi in un linguaggio aggressivo e violento. Per questo, e non è un’astrazione, la comunità viene avvertita come opportunità, che sa offrire una rete di integrazione, accettazione e supporto reciproco. Comunità come luogo di condivisione di interessi e di aiuto vicendevole, come capitale sociale, a dimostrazione che nessun luogo potrà mai essere un ‘non luogo’ finchè ci sarà qualcuno capace di guardarlo e di prendersene cura. Su questo sfondo si apre uno spazio per un’informazione di qualità, che racconti, faccia pensare, ricostruisca percorsi, chiavi di lettura, appartenenza. Comunità. “La rivoluzione in corso, lo spiega bene Federico Badaloni, non modifica le attività fondamentali del giornalismo: selezionare, produrre, curare, correlare, ordinare”. Si tratta di “lanciarsi nel più breve tempo possibile ad imparare come si compiono queste attività nel nuovo ecosistema”, sapendo che il successo dei contenuti è proporzionato alla capacità di attivare e far crescere reti sociali. Abbiamo buoni motivi per continuare ad investire nell’editoria, in formazione, in motivazioni, perché chi fa buona informazione lavora fattivamente alla ricostruzione del tessuto comunitario. Lo si fa mettendosi in gioco, educando a non accontentarsi di un messaggio semplificato e diretto, ma andando oltre, aiutando l’inclusione della persona rispetto al territorio in cui vive, promuovendo il rispetto per l’eterogeneità. Comunità significa anche imparare a convivere con la diversità, senza per questo cadere in una percezione indifferenziata della realtà. L’altro ci è necessario, come ricorda sempre Papa Francesco. “Nulla è così specifico della nostra natura quanto l’entrare in rapporto gli uni con gli altri, l’aver bisogno gli uni degli altri”. Ciò che è finalizzato a negare la prossimità, l’ascolto, l’incontro non ha a che fare con la verità, ma con la menzogna che contrappone, manipola e smentisce la relazione. Prossimità, rapporto con il lettore, ricerca della verità, appartenenza ad un territorio, sono tutti aspetti che teniamo a mente per la progettazione e per la visione di un giornale calato nel presente che non ripudi le sue radici. Ci viene in soccorso il tema scelto dal Papa per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2022: “Ascoltate!”. C’è un elemento che rappresenta una novità assoluta: il punto esclamativo. Siamo tutti abituati ad una comunicazione veloce, ad un’informazione istantanea. Le parole scorrono via sui monitor e sui display. Eppure basta poco per rendersi conto che comunicare non è amplificare, ma soprattutto ascoltare. L’esclamativo è un’esortazione a prendere sul serio il proprio lavoro, la propria professione, il proprio servizio. C’è bisogno di lasciarsi trafiggere dalle storie degli altri. Non basta osservare per ascoltare, così come non basta dare conto di ciò che avviene per partecipare pienamente alla ricerca della verità. “Ascoltate!”. E’ una certezza che significa rispetto e apertura verso l’altro. Anche verso chi ci è accanto in silenzio. Questa è la grande ricchezza: cogliere le parole lì dove non ci sono. E magari dove invece c’è il cuore e c’è un gran desiderio di rimanere incollato, attaccato per far parte di questa storia. Un grazie anticipato a tutti per la fedeltà ad un gesto, mai scontato, ma denso di significati come l’abbonamento e ai nuovi amici per il coraggio e la decisione di una scelta. Non per sé, ma per la comunità.

Carlo Cammoranesi