Editoriali

Un Paese per vecchi?

“Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani”. Questa famosa frase associata dai più a Massimo D’Azeglio, stava a significare che per quanto l’Italia geograficamente e politicamente nel 1861 risultasse unita, in essa regneranno sempre culture, tradizioni e lingue (dialetti) diversi tra loro. Sante parole! Battute a parte, assistiamo ora ad una sorta di spopolamento progressivo tanto da farci dire che l’Italia ora sta perdendo proprio… gli italiani. Lo chiamano ufficialmente declino demografico, ma sarebbe meglio etichettarlo come un vero tracollo. Siamo sempre di meno e se non ci fossero gli immigrati il numero sarebbe ancora più piccolo. Lo dice l’ultimo studio dell’Istat: dal 2015 la popolazione residente è in diminuzione, configurando per la prima volta negli ultimi 90 anni una fase di drastico calo, interamente attribuibile alla popolazione italiana, che scende al 31 dicembre 2018 a 55 milioni 104 mila, 235 mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,4%). Rispetto al 2014 la perdita di italiani è pari alla scomparsa di una città grande come Palermo (-677 mila). La diminuzione delle nascite nel 2018 è di oltre 18 mila unità rispetto al 2017 pari al -4% certifica l’Istat. Sono stati iscritti in anagrafe per nascita 439.747 bambini, un nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia. Se l’attuale trend negativo nel saldo tra nascite e morti accompagnato dalla fuga di giovani istruiti proseguirà, nel 2050 l’Italia si ritroverà con circa 6 milioni di persone in meno in età da lavoro.  Non servono recitare litanie dei numeri o affidarci alla statistica con percentuali e continui segni in negativo: il dato cristallino è che stiamo diventando sempre più un Paese per vecchi, stretti nella morsa di un egoismo procreativo. Impegnati come siamo a costruire la nostra vita, abbiamo poco tempo da dedicare a quella altrui. Vero anche che un figlio costa soldi e sacrifici e gli orizzonti nebulosi del futuro non spingono una giovane coppia ad assumersi anche le responsabilità che comporta il mettere al mondo un figlio. I genitori potenziali programmano l’avvenire tenendo conto di un’infinità di variabili. Tra queste spiccano la tranquillità economica, quella familiare, le soddisfazioni lavorative, la sistemazione logistica e chi ne ha più ne metta. Il guaio è che quando si è tagliato il nastro di tutti i traguardi prefissati, ci si accorge spesso di essere troppo vecchi per mettere al mondo una creatura. Nessuno si chiede però per quale motivo si è lottato a denti stretti per raggiungere uno scopo, se non si aveva la sicurezza di diventare eterni. Paiono parole grosse ma l’unico ponte certo verso l’eternità che abbiamo è quello che ha lo stesso colore dei nostri occhi, dei nostri capelli, che camminerà col nostro passo e che ci riempirà d’orgoglio chiamandoci mamma e papà nelle sue prime parole.?La diminuzione delle nascite si deve principalmente a fattori strutturali. Infatti, si registra una progressiva riduzione delle potenziali madri dovuta, da un lato, all’uscita dall’età riproduttiva delle generazioni molto numerose nate all’epoca del baby-boom, dall’altro, all’ingresso di contingenti meno numerosi a causa della prolungata diminuzione delle nascite osservata a partire dalla metà degli anni Settanta. L’incremento delle nascite registrato fino al 2008 è dovuto principalmente alle donne straniere. Negli ultimi anni ha iniziato progressivamente a ridursi anche il numero di stranieri nati in Italia, pari a 65.444 nel 2018 (il 14,9% del totale dei nati). Non mancano le considerazioni di analisti e pediatri che nel monitorare il fenomeno lo legano all’effetto dell’andamento dell’economia reale perché tra co.co.co. e lavori a gettone è normale che i ragazzi abbiano difficoltà anche solo a pensare al consolidamento di una famiglia. E purtroppo anziché muoverci concretamente ad individuare soluzioni rapide ed efficaci ci balocchiamo con le prospettive: quindi classi dimezzate entro un decennio, sul fronte dell’istruzione, spesa sanitaria destinata all’assistenza di lunga durata in incremento nel campo della sanità, allungamento dell’età pensionabile e di altri requisiti di uscita dal lavoro sul terreno della previdenza, giovani in attività ridotti al lumicino nell’ambito dell’occupazione. Senza un recupero dell’occupazione e senza prospettive di lavoro stabili, dunque, la natalità difficilmente potrà ripartire. Molte ricerche hanno dimostrato che l’incertezza e la precarietà fanno aumentare le convivenze rispetto ai matrimoni e calare le nascite. Salari molto bassi per i lavori meno qualificati, spesso assai precari, obbligano a lavorare stabilmente in due se si vuole crescere un figlio, e non sempre basta. Anche per questo, rispetto a un tempo, meno donne con bassa istruzione diventano madri. Occupazione, politiche per la conciliazione e un welfare più attento ai figli sono le strade per provare a far ripartire un po’ le nascite. Ma senza illusioni. E soprattutto senza il rischio di considerare i continui dati Istat sulla popolazione come bollettini di guerra. Da sempre, nella storia dell’umanità, la scelta della generatività familiare è stata sorretta dalla consapevolezza di quanto questa sia importante per dare senso all’esistenza. Tale scelta risponde ad una domanda di senso profondo dell’animo umano, quella di trasmettere il testimone della staffetta della vita sul pianeta alla propria discendenza. Un grande e vero passo avanti per darle risposta sarebbe quello di un limpido patto che vada al di là di steccati partitici che eviti che la competizione politica distrugga a ogni cambio di maggioranza quanto fatto da quella precedente. In un mondo difficile come quello di oggi i giovani hanno bisogno di orizzonti stabili e di non aggiungere l’incertezza delle politiche familiari alle tante che già caratterizzano il loro e il nostro vivere. Per questo motivo ogni forza in campo concorde nel riconoscere il problema dovrebbe convergere almeno su queste poche e semplici risposte. Quando si parla di famiglia e di figli da mettere al mondo, in tanti sono d’accordo nel riconoscere l’emergenza in atto. E allora perché litighiamo ancora sul nulla?