Editoriali

Settembre, inizio e fine!

In un passo del Vangelo di Giovanni, mentre Gesù passeggia sotto il portico del tempio di Gerusalemme, alcuni farisei gli si avvicinano per chiedergli di non tenerli più sulle spine e di rivelare loro la sua vera identità. L’evangelista contestualizza questo fatto, questa sfida che si presenta come una vera e propria supplica, con un dato apparentemente marginale: era inverno.  Poche cose nello scorrere del tempo sono così suggestive come l’arrivo di settembre: la potenza evocativa spesso accostata a questo mese è enorme, al punto che non a torto il primo settembre è sovente celebrato come una sorta di capodanno della società occidentale. Settembre è sinonimo dunque di inizio, ma anche di fine: con settembre tutto ciò che si è vissuto – e che ha scaldato il cuore per giorni o settimane – è destinato a mutare, a trasformarsi, forse a sparire. Si ritorna dalle ferie, da una fase di relax, dove si sono “calati” anche i nostri ragazzi, dopo tre mesi di sosta dalla scuola. Una ripresa dura, da tappa pirenaica del Tour, eppure c’è lo spazio per riprendere il passo canonico, la voglia di rituffarsi nell’agone quotidiano con lo slancio necessario e non molle di chi vive solo di nostalgia e di crisi da rientro. Si ricomincia, quindi. E si lascia, si volta pagina. Ciò che riparte a settembre non sono le forme convenzionali del vivere civile, certamente anche quelle ma non solo quelle: ciò che riparte, a settembre, è la sfida della realtà, è il rapporto con essa, che ci provoca e ci fa crescere.  È come se arrivasse un momento in cui il cuore vuole e pretende di sapere che cosa dunque sia il dolore che stiamo vivendo, l’amore che ci ha preso, la paura che ci ha invaso, la letizia che ci ha toccato il cuore. Non tenerci più sulle spine: dicci chi sei! La supplica malevola di quegli uomini di Gerusalemme diventa la nostra domanda, la domanda che giorno dopo giorno si fa strada man mano che il tempo passa e la realtà ricomincia ad incalzarci, a metterci nuovamente con le spalle al muro. Settembre è stato anche il mese dei nostri drammi sismici… già, sempre settembre. Qualche piccola scossa ci ha ricordato nei giorni scorsi questo “arrivo” nel calendario. I cittadini del Centro Italia attendono ancora proposte concrete, atti capaci di dare una svolta al processo di ricostruzione. Qualche briciola i presidenti di Regione sono riusciti a farla inserire con la conversione in legge del Decreto sblocca cantieri. Successivamente il premier Conte aveva promesso nuovi interventi, finanziamenti e dotazioni di personale agli uffici della ricostruzione capaci di sveltire le procedure, l’apertura dei cantieri. Ma poi? Trema la terra dell’Italia Centrale, ma trema anche l’Italia. Sul terremoto causato dalla natura si può solo pregare e sperare che il destino sia benevolo. Sulla ricomposizione dell’Italia, sulla speranza di un sentimento italico forte, gli italiani sono bloccati. Da una parte la pressione di un’Europa che ha sfiduciato il paese con manovre oggi osteggiate dalla maggioranza della popolazione. Dall’altra una nuova maggioranza politica cui tocca un’agenda estremamente impegnativa, con scosse telluriche sul fronte dell’economia e soprattutto nel portafoglio degli italiani verso cui non saranno utili le preghiere o il destino.  Che sia il terremoto del Centro Italia, che sia il terremoto della politica al centro ci sono gli italiani, i cittadini, le famiglie, le persone. Individui che hanno bisogno di un forte aiuto per rinascere, per la ricostruzione personale, fisica e morale. La sera si chiudono gli occhi con la speranza di un qualcosa di diverso, gli italiani sono ottimisti per natura, lo hanno dimostrato nel dopoguerra, quando ognuno si impegnava per un domani migliore.  Non si bara con l’esperienza, non si bara con la vita. È questo l’inverno di cui parla l’evangelista: l’attesa trepidante del cuore di dare un nome, di scoprire l’identità, per tutto ciò che ci è capitato. Come si chiama questa mia vita? Che nome hanno queste mie lacrime? Che cos’è questo mio peccato? Da dove arriva tutta questa confusione? Chi sei tu che mi ami, mi abbracci, mi parli, mi sfidi, mi incalzi? Troppo facile sarebbe rispondere, troppo scontato. Meglio lasciar fare al tempo e fidarsi di questo strano dono che inizia. E che si chiama settembre.