Editoriali

L'infinito della festa

Che contributo possiamo dare noi cristiani al mondo odierno così travagliato? Perché il travaglio è sotto gli occhi di tutti e nelle vite di tutti. In tanti modi. Prende le forme di quello che accade sui grandi scenari: il terrorismo che torna a farsi vivo a ridosso delle feste, “la guerra mondiale combattuta a pezzi”, le lacerazioni politiche su punti fondanti della società, dalla famiglia al fine vita, dai migranti, all’occupazione. O il peso che spesso avvertiamo nelle vicende personali, nelle fatiche di tutti i giorni. Ci tolgono l’aria, ci tagliano il respiro. Così tante volte ci capita di pensare che la realtà – soprattutto quando si fa aspra - non sia fatta per noi, non abbia dentro nulla di buono. Sentiamo un desiderio di felicità che non si spegne, una ferita aperta, un buco che ci spinge a cercare sempre altro – perché l’uomo come diceva Cesare Pavese, “in ogni piacere finito cerca un infinito” – ma non troviamo nulla che lo riempia davvero, fino in fondo. E allora finiamo per credere che il nostro cuore sia destinato al nulla. Esisterà pure “un punto di arrivo” di questo desiderio, mutuando Kafka, “ma non c’è una strada”. Come risponde il cristianesimo a questo nulla dilagante? Come aiuta me e il mondo, perché non c’è un aiuto che possiamo dare ai nostri fratelli che non passi dal nostro io? Con un’analisi più acuta della situazione, qualche iniziativa in più? O altro? E’ la domanda che riscopriamo alla vigilia del Natale come un fil rouge che ci sostiene e ci accompagna. Una strada c’è, impariamo a percorrerla. Cristo, presente qui ed ora, come duemila anni fa quel Bambino, l’ultimo arrivato, il meno potente nel mondo, appena nato in una greppia. Un fatto, presente. Non una collezione di idee o di precetti, ma un volto da riconoscere nella realtà e nelle vite cambiate di chi Lo segue. Rispetto all’inizio, al famoso anno zero, siamo di fronte ad un universo che il cristianesimo ha già conosciuto, assimilato, interpretato. Fino a ridurlo, tante volte, a quello che non è: una bellissima dottrina morale, un complesso di valori buoni e giusti, e per questo da difendere fino alle barricate, in un contesto che ormai va da tutt’altra parte. Ma il cristianesimo è «un annuncio», qualcosa di vivente e presente. ?Difficile trovare una forma più sinteticamente efficace per marcare l’irriducibilità della fede a qualsiasi fattore culturale, valore etico o impeto naturalmente umano, per quanto buoni e veri. La fede è un’altra cosa. Ma come si può scoprire questa diversità, oggi? Come nasce, come viene a galla nella nostra esperienza??E’ importante sorprenderla là dove questa differenza strana, questa presenza, affiora. Che sia tra le pieghe della società occidentale o nelle “periferie” dell’Africa nera, tra gli studenti di un anonimo liceo orientale o nel lavoro degli uomini più influenti del mondo. Lo facciamo in giorni che non sono uguali al resto del tempo, perché stiamo andando verso il Natale. Ovvero il punto sorgivo, il momento in cui questa diversità si è affacciata nella storia per la prima volta, nella modalità più semplice: quella, appunto, di un bambino. Non necessita nessuna traduzione culturale, nessun sistema di pensiero o di valori. Il «solco socio-storico» della cristianità era ancora tutto – letteralmente – da inventare, nei duemila e rotti anni che ci hanno portato qui. Eppure lì il cristianesimo c’è già tutto. Perché con quel Bambino entra nel mondo qualcosa di inaudito, una Presenza con una proposta carica di significato mai vista né sentita prima. Il cuore di tutto, in fondo, è lì. Basta guardare, in qualche capolavoro che ci è stato tramandato, l’immagine dei Magi così colpiti dall’annuncio da prostrarsi davanti al Bimbo; da piegare loro stessi, la loro storia, la loro regalità umana di fronte alla presenza più inerme che possiamo immaginarci. Dovevano veramente essere poveri di spirito, quegli uomini. Ma l’augurio più vero che possiamo farci per Natale è di esserlo anche noi, ora. Per riconoscere quella Presenza. E smetterla di fare i buonisti in questa circostanza. La Presenza ci viene incontro, resta con noi, tutto l’anno. E non… lavora part time. Buon Natale a tutti!