Editoriali

Comunicazione e territorio

Siamo quasi alla vigilia dell’assemblea nazionale elettiva della Federazione dei settimanali cattolici (Fisc) in programma a novembre dal 21 al 23 a Roma sul tema “Libertà di stampa e presidi di libertà” in una stagione delicata e difficile per la nuova legge sull’editoria, con le difficoltà dei media cartacei sempre alle prese nel confronto con il digitale. Un’integrazione, più che una sfida. Lo ripetiamo da tempo, consapevoli che carta e web possono stabilmente coesistere, con la propria funzione, senza invasioni di campo o ingerenze inutili. Nella ripartenza della nuova stagione di abbonamenti, è giusto ribadire concetti che sono sperimentati nella realtà quotidiana, tra lettori che scelgono questa opzione comunicativa, quella del settimanale che raggiunge le case il giovedì o le edicole, per un rapporto di fidelizzazione nato e cresciuto in un percorso di credibilità e di condivisione, ed una serie di circostanze che costringono ad una riflessione seria e ponderata. Perché ‘L’Azione’ è un patrimonio di tutta la comunità, una finestra sul mondo, è una storia editoriale che accompagna il territorio a crescere, a sviluppare idee, a formare nuove generazioni, ad alimentare dialettica e qualità del sentire. “Nel nostro tempo, - ci ricordava Papa Francesco in un’udienza del 2017 - spesso dominato dall’ansia della velocità, dalla spinta al sensazionalismo a scapito della precisione e della completezza, dall’emotività surriscaldata ad arte al posto della riflessione ponderata, si avverte in modo pressante la necessità di un’informazione affidabile, con dati e notizie verificati, che non punti a stupire e a emozionare, ma piuttosto si prefigga di far crescere nei lettori un sano senso critico, che permetta loro di farsi adeguate domande e raggiungere conclusioni motivate. A queste esigenze la media e piccola editoria può rispondere più facilmente. Essa possiede, nella propria impostazione, salutari vincoli che la aiutano a generare un’informazione meno massificata, meno soggetta alla pressione delle mode, tanto passeggere quanto invadenti. Essa infatti è geneticamente più legata alla sua base territoriale di riferimento, più prossima alla vita quotidiana delle comunità, più ancorata ai fatti nella loro essenzialità e concretezza”. Il Papa ci indica allora la strada: i nostri giornali diocesani possono rivelarsi utili strumenti di evangelizzazione, un ambito nel quale la vita diocesana può validamente esprimersi e le varie componenti ecclesiali possono facilmente dialogare e comunicare. Lavorare nel nostro settimanale significa “sentire” in modo particolare con la Chiesa locale, i bisogni e le aspettative della gente, vivere la prossimità della città e dei paesi, e soprattutto leggere gli avvenimenti alla luce del Vangelo e del magistero della Chiesa. Questi elementi sono la “bussola” del nostro modo peculiare di fare giornalismo, di raccontare notizie ed esporre opinioni. Ribadendo la necessità di un giornale di Chiesa, nel senso del cuore che lo ispira, ma della piazza, dei ragazzi di tutti i giorni, di chi cerca una speranza e non ce l’ha. L’atteggiamento di fondo è quello di vivere la comunicazione senza reti di protezione. Non accontentarsi della nostra tradizione, delle nostre intenzioni, ma uscire allo scoperto con franchezza. La differenza rispetto al mare magnum dell’informazione nazionale è il carattere di prossimità al territorio. Non si può giocare di rimessa, facendo riferimento ad altri o ad altre fonti come il web: occorre metterci del proprio, giocando la propria visione delle cose, uscendo dalle rassicuranti interpretazioni del coro mediatico. Ciò significa esporsi, ma significa offrire in un panorama privo di originalità, l’audacia di notizie e commenti che escono dal seminato. La franchezza piuttosto che l’ovvio, più noto come l’ecclesialese che talvolta rischia di allontanare dai problemi concreti della gente ed insinuare il sospetto che si stia parlando di cose che non ci interessano. Dobbiamo riuscire ogni volta a tirar fuori da qualsiasi questione anche marginale il pungolo che ci muove, la leva che ci spinge, la molla che ci fa saltare. Senza questa freschezza di approccio è difficile far scattare la scintilla dell’interesse e dell’ascolto. E’ l’antidoto alle fake news. Poi ci vuole chiarezza. Che non è un dato stilistico, ma nasce da una professionalità e da una sinergia vissute. Un giornalista non vive di rendita, ma deve formarsi continuamente, penso ai nostri giovani, per essere in grado di gestire una redazione sempre più esposta al giudizio pubblico ed ai rischi conseguenti. Occorre crederci, pensare a maggiori investimenti tecnologici adeguati all’evoluzione dei media piuttosto che difendere i vecchi sistemi. In terzo luogo un solido impianto editoriale. Se la questione oggi è la scomparsa di Dio dall’orizzonte medio della gente, pensiamo all’espressione di Cornelio Fabro “l'appartenenza dell'uomo a se stesso e basta», la presunzione di un'autonomia totale da parte dell'uomo, Dio c’è, ma non c’entra, ridotto ad un'opzione più o meno privata, ad un patetico conforto psicologico, ad un fatto da museo, occorre fare di tutto perché i nostri giornali prima che essere un foglio di Chiesa, siano un foglio di ricerca, di confronto. Far di tutto perchè la domanda su Dio torni allo scoperto, solleticando le corde più profonde dell’umano, facendo riemergere i nodi irrisolti della società, ben lontani da qualsiasi pericolo autoreferenziale, in cui finiamo per cullarci di quel che la Chiesa fa, dimenticando quel che la Chiesa è. Questo riteniamo sia un fondamento decisivo su cui i nostri giornali sono chiamati a rispondere, a mettersi in gioco e a non defilarsi per imporsi davvero come una presenza attrattiva e sempre più nuova. La scelta del lettore nei confronti dei media non è mai banale o marginale. E’ lo specchio reale, non virtuale, dello spazio vivente che frequentiamo, non una campana di vetro, o un orticello autoreferenziale su cui ci crogioliamo. Porsi tutti gli anni la stessa domanda di fondo (mai scontata) su quale tipo di giornale deve impattare nel territorio è sempre la chiave di volta ed il segreto di un legame prezioso e forte in virtù, per noi, anche di una storia più che centenaria. Siamo partiti, anche noi, con la campagna abbonamenti: stessa solfa di tutti gli anni? Se fosse così e non si sentisse un refolo di novità, sarebbe davvero un pericoloso segnale. Il rapporto con il lettore, la relazione che si instaura in virtù di contenuti di qualità, non è un dato di archivio, ma una conquista da fare giorno per giorno.