Editoriali

Uno sguardo verso l'essenziale

Sono passati ormai più di sei anni da quella sera dove dopo una manciata di giorni di conclave e dopo la scossa imponente arrivata un mese prima con le dimissioni di Benedetto XVI, giungeva un altro fatto imprevedibile: dalla loggia di S. Pietro si affacciava Francesco, il primo Papa latinoamericano, quello che i Cardinali erano andati a prendere “quasi alla fine del mondo”. Si era capito in fretta che quel “fratelli e sorelle buonasera” con cui per la prima volta Bergoglio salutò i fedeli e il gesto altrettanto inedito di chinarsi davanti a loro per domandare la benedizione del popolo “per il suo Vescovo” erano solo i primi segni di grani novità in arrivo. In questi anni il Papa ce ne sta proponendo tante. Lo fa usando sempre lo stesso metodo: parole e gesti insieme, inseparabili. Così, per esempio, all’insistenza sulla “Chiesa in uscita” e le periferie si accompagnano le visite insolite con cui inizia sempre i suoi viaggi (il carcere, la casa d’accoglienza, il quartiere-banlieue). L’urgenza di trattare i migranti come persone viene richiamata, mentre lui stesso accoglieva i profughi a Lesbo. Alla condanna della “terza guerra mondiale a pezzi” si affiancano le iniziative che hanno permesso di gettare ponti dove c’erano solo muri. La “preferenza per i poveri” si intreccia con gesti concreti e simbolici, dal pranzo con i senzatetto al rifugio aperto in Vaticano, alla lavanda dei piedi del Giovedì Santo. E via dicendo, in una serie di fatti che danno una luce più intensa anche a quelli che potrebbero sembrare soltanto “richiami morali”, come le parole contro i crimini dell’”economia dello scarto” o a favore di una politica che serva il bene comune. Possiamo resistere davanti a questi fatti, fermarci ad una lettura superficiale, ridurne la portata riconducendoli nel recinto degli schemi abituali e ritrovarci a parlare di sociologia, di pauperismo, persino di vicinanza o meno alla tradizione. Oppure possiamo lasciare che quell’unità così potente di parole e gesti ci provochino in fondo, fino alla sua origine. Che lui stesso, da subito e in mille modi, chiama l’”essenziale”, “il cuore del Vangelo”, “il primo annuncio: ‘Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”. Un annuncio rivolto a tutti e capace di rendere ancora più radicale il confronto avviato dai suoi predecessori, e in particolare da Papa Ratzinger, con il caotico “cambiamento d’epoca”. Sei anni con Papa Francesco possono essere l’occasione per fermarsi e riprendere il filo di una domanda decisiva: ma a noi cosa chiede tutto questo? Che strada ci sta indicando il Papa? Cosa ci propone e ci offre? Ci soccorre un testo che risale a pochi mesi dopo la sua elezione, l’Evangelii Gaudium, l’esortazione apostolica da lui stesso indicata come suo documento programmatico. Il titolo dice già molto: la gioia del Vangelo. Non è un caso come osserva il cardinale Luis Tagle: “Francesco mette l’accento sulla gioia. C’è una tendenza nel mondo contemporaneo, non solo nella Chiesa, a sentirsi stanchi e tristi. La vita familiare, lo studio, il lavoro sono vissuti come peso. Ma noi abbiamo la vera ragione per essere lieti, Gesù morto e risorto, è vivo ed è la nostra speranza”. Perché l’obiezione è sempre quella: dai tempi di Giuda e degli apostoli, Gesù risponde davvero ai problemi che la vita ci mette di fronte? Può sciogliere i nodi e gli affanni di un’umanità sempre più confusa, capace di scambiare la vita con la morte, i desideri con i diritti e il proprio bisogno di felicità con una collezione di cose o persone da afferrare? Vanno bene la fede, i miracoli, il Vangelo, va bene persino la Resurrezione di questi tempi, ma servono per vivere? E’ da 2000 anni che Lui è venuto e il mondo è carico di male come prima e gli uomini gemono ancora sotto i loro insoluti problemi. Ma la risposta è sorprendente. Gesù non è venuto a portare la soluzione meccanicamente completa dei suoi dilemmi, ma ha portato il principio profondo della soluzione che attraverso la libertà umana si applica e si afferma. Ovvero Lui vivo, il suo modo di guardare la realtà, incarnato e vissuto. I singoli valori sono come le ossa che si formano nel tempo man mano che uno segue quello che gli danno da mangiare i genitori. Seguendo lo sguardo con cui Gesù lo guardava, S. Pietro si è fatto le ossa: questi sono i valori morali. Dimenticare quello sguardo, darlo per scontato, metterlo “a lato” della vita, vuol dire perdere tutto. Pensiamo per un attimo a Pietro e ai suoi discepoli, come sono entrati a Roma, nel cuore di un mondo che diceva l’opposto? Che cosa avevano? Solo degli occhi nuovi, un altro sguardo sul mondo. Lo sguardo di Cristo risorto. Questa è la novità che cambia, il miracolo che fa sobbalzare. Buona Pasqua a tutti!