Editoriali

Una presenza vera nella comunicazione

Proprio l’assemblea generale della Cei ha voluto mettere a tema, e ne sta discutendo in questi giorni con i Vescovi italiani, la questione vitale di una significativa presenza ecclesiale nell’attuale contesto comunicativo. La comunicazione al centro della discussione nei vertici della Chiesa per capire quale strada intraprendere in uno scenario mutato radicalmente negli ultimi anni con il progresso tecnologico che ci ha sbalzato dal mondo reale, quella della carta e della piazza fino alla dimensione digitale che ci porta ad essere tutti protagonisti e connessi con i dispositivi informatici, ormai compagni inseparabili della nostra quotidianità. Ma la moltiplicazione della fonti di informazione, in quella che ormai viene definita una sorta di giungla del “far web” – ricorda il professore dell’Università Cattolica Pier Cesare Rivoltella, intervenuto a parlare con una relazione introduttiva all’assemblea generale Cei lunedì 21 maggio, “non vuol dire necessariamente pluralismo, può invece produrre disorientamento”. E’ dunque il tempo, sempre più stringente, per una professione di qualità e di responsabilità, capace di districarsi dentro la mole di notizie e contenuti che ci piombano addosso, senza filtri, attraverso la rete. Responsabilità verso se stessi e verso gli altri, in una mission che è più di un mestiere e quasi una scelta di vita. La novità di questa democrazia mediatica, salutata con grandi enfasi, ci consente di accedere al vasto assortimento informativo online in maniera immediata, diretta e a basso costo, con il rischio di farsi travolgere da una valanga di news, immagini, video senza soluzione di continuità. Lo stesso Rivoltella, in un’intervista rilasciata al Sir, ammoniva che “il sistema dei media sta cambiando e la scena è fatta sempre più da una comunicazione crossmediale e transmediale. Occorre ripensare il senso ed i linguaggi dei vecchi media”. Proprio vero, oggi l’informazione tende a non informare più, se non ci rimettiamo in discussione. Quello che valeva oggi potrebbe essere… carta straccia. Perché le notizie ci raggiungono prima e in maniera non sempre esatta. Davanti a quello che oggi viene chiamato “information overloading”, cioè un sovraccarico di notizie, regna il caos sovrano con la difficoltà oggettiva ad orientarsi e a saper distinguere l’informazione autentica. “A noi manca la capacità di comprendere – aggiungeva a suo tempo il sociologo Bauman – abbiamo a disposizione un’enorme quantità di informazioni in byte, come mai prima nella storia, ma abbiamo una minore capacità di comprendere cosa sta accadendo e cosa sta per accadere”. Quindi questa pioggia inarrestabile di informazioni non significa invece più conoscenza, spesso tutt’altro. E’ una deriva da non sottovalutare e da cui trovare i correttivi. Ecco allora che la Chiesa intende ritrovarsi per un confronto serrato e proficuo e verificare quanto spazio merita ancora quel tipo di informazione che va oltre la cronaca, di approfondimento, che fornisce all’uomo gli strumenti interpretativi per avere un giudizio critico e sistematico sulla realtà, in un mondo teso alla dispersione, alla frammentazione e ad una concitata iperconnessione. E’ una sfida nuova, che non può essere procrastinata quella che ci attende, fatta di integrazione tra web e carta, tra virtuale e fisico perché sarebbe un guaio ridurre la contesa ad una sorta di demonizzazione di internet, mentre tutto ormai si gioca nel rapporto tra una non-informazione e una vera informazione di qualità, quella che ancora il tradizionale settimanale diocesano è ancora in grado di offrire. Lasciando spazio alle aspettative dell’uomo nella sua interezza per dare voce a presenze e a luoghi di genuina umanità che, valorizzando la vocazione di una Chiesa in uscita, così cara a Papa Francesco, è pronto ad entrare fin nel profondo delle ferite quotidiane e dei bisogni concreti della gente.