Editoriali

Le tante sfide della sanità

Tra le tante sfide che la pandemia di Covid-19 in corso ci sta ponendo, una delle più rilevanti riguarda certamente il Servizio sanitario nazionale e la sua organizzazione. Di sanità si è parlato molto in questi mesi: dalla carenza di posti letto in terapia intensiva allo spostamento di pazienti in altre regioni (o, addirittura, nazioni), dalle esperienze del personale sanitario a quelle dei tanti pazienti deceduti (o ricoverati) senza poter essere accompagnati dalla vicinanza di parenti e amici, dalle polemiche sulle caratteristiche del virus e sull’andamento dei contagi al confronto tra le esperienze regionali, dal ruolo dello Stato centrale a quello (apparentemente) sussidiario delle regioni, fino, e per realtà come la nostra sono vitali, tagli a servizi e ad unità operative essenziali per la sopravvivenza di ospedali. Anche noi come settimanale abbiamo voluto offrire un contributo, proponendo testimonianze sul campo con il nostro direttore diocesano per la pastorale della Salute don Luigi Marini che si è cimentato in una serie di interviste a medici ed operatori sanitari che stanno vivendo i disagi di una drammatica circostanza. Senza lamentele o polemiche artefatte. Ma facendo trapelare il lato umano e professionale di una missione, più volte esaltata, ma anche troppo spesso dimenticata. Ora però della sfida che ci sta a cuore non si trova traccia né nelle narrazioni giornalistiche (e questo di per sé potrebbe essere spiegato dal ruolo che l’informazione ha scelto di assumersi in questa particolare contingenza, privilegiando il racconto quotidiano e il conteggio giornaliero degli eventi), ma neppure nelle tante parole spese dagli esperti (o almeno supposti tali) che sono intervenuti sull’argomento nelle tantissime occasioni (soprattutto televisive) che hanno caratterizzato questi lunghi mesi di pandemia. Di quale sistema sanitario abbiamo bisogno nei prossimi anni? Quali devono essere le sue caratteristiche organizzative per far fronte al meglio agli eventi sanitari (tipo di patologie) che si presenteranno? Quesiti quasi epocali che raramente trovano spazio tra le righe delle agende dei nostri politici, preoccupati di cavalcare materie più efficaci in tema di consensi. Innanzitutto non dobbiamo illuderci e dimenticare che gli sforzi e i sacrifici fatti negli ultimi mesi possono essere rapidamente vanificati se non si continua ad essere cauti ed organizzati, rafforzando la più importante delle nostre opere pubbliche, il Servizio sanitario nazionale. Che è arrivato esangue alla sfida pandemica, depauperato di migliaia di medici e infermieri non sostituiti, di posti letto eliminati, di attrezzature non rinnovate, di organizzazioni sanitarie non adeguatamente gestite, di finanziamenti ridotti al lumicino. La pandemia si è scaraventata sulle debolezze del nostro sistema sanitario ed è stato solo grazie alla resistenza, in molti casi eroica, degli operatori che il peggio è stato evitato. La prova più importante che oggi ci spetta da affrontare è riuscire a vedere questa crisi come un’opportunità per introdurre riforme del sistema sanitario e, più in generale, del sistema di sicurezza sociale. Occorre "approfittare" della pandemia per cambiare in modo strutturale la sanità in Italia, cercando di introdurre politiche efficaci per prevenire le malattie, rafforzare l’accesso ad un’assistenza primaria di qualità e migliorare il coordinamento delle cure, soprattutto per le persone con patologie croniche. La nuova rotta dovrebbe ambire a riorganizzare il sistema assistenziale e, contemporaneamente, spostare risorse economiche e umane verso la prevenzione. Ogni risorsa disponibile va utilmente considerata e investita. ?Questa fase post-pandemica può essere veramente l’epoca per un nuovo inizio, purché vi sia la responsabile volontà politica di farlo. Ma serve anche porsi degli obiettivi, avere chiaro lo scenario davanti ai nostri occhi e dare graduale risposta ai dubbi legittimi di tanta gente. Domande banali, quasi da piazza, ma quali patologie dovremo affrontare nei prossimi anni? Quale sanità vogliamo per il domani? Come prevedere gli ospedali del futuro? E’ enormemente aumentata la quota di popolazione anziana e una buona parte di tale popolazione convive a lungo con patologie che ne riducono l’autonomia e che non necessitano di cure ospedaliere (e quindi tutto il carico assistenziale finisce col ricadere sulla famiglia o su strutture specializzate di assistenza); è altrettanto in aumento la frequenza di patologie croniche che con le cure a disposizione portano a significativi allungamenti della vita in condizioni spesso di disabilità (di vario tipo); gli anni che stiamo vivendo hanno dimostrato che non solo le malattie infettive non sono state sconfitte, ma si presentano con una periodicità che sembra in aumento e una diffusività piuttosto estesa (e non è solo il caso della pandemia in corso). Inutile nascondersi ma i nostri limiti italiani si sono palesati improvvisamente e quello che ci sembrava normale, un diritto acquisito come la cura, è diventato qualcosa di difficilmente raggiungibile. Ci siamo scoperti tutti più fragili, spaventati, forse più poveri e bisognosi. Allora pensiamo, è un’ipotesi, anche ai servizi di telemedicina che possono rappresentare una rete di prossimità che contribuisce a superare alcuni di questi limiti. Servizi che possono essere un modo attraverso il quale il nostro sistema sanitario si fa prossimo ai bisogni dei cittadini. Ma la telemedicina è soltanto uno strumento: al centro c’è sempre il paziente, e c’è il medico. Oggi quasi tutti sanno usare uno smartphone o hanno un amico, un figlio, un nipotino, una badante che attraverso un display potranno comunicare con un infermiere che magari li potrà mettere in contatto con uno specialista, solo per citare un modello organizzativo ormai ampiamente rodato. Uno strumento di intercessione, che ci permette di raggiungere chi è lontano facendoci sentire più vicini, meno soli, meno spaventati. Perché una delle grandi malattie di questo tempo, accentuate ancor di più da questa epidemia, è la solitudine che, in un certo modo è un amplificatore di molte malattie. Spesso basta poco per far breccia in quel muro di isolamento dietro il quale molti, oggi più di ieri, si trovano a vivere. Magari oltre a curare molte patologie ci aiuterà anche un poco a sconfiggere il malessere della solitudine. Il più ignorato, ma anche più devastante, di tutti.