Editoriali

La... natura del Natale

La nostra epoca cerca un rinnovato rapporto con la natura. Che cosa c’entra con questo desiderio il Natale? Sono molti i segni di tale desiderio dopo un periodo in cui una buona parte del mondo s’è messo sotto il dominio del sogno di felicità propagandato dall’economia e dalla tecnica e si è lasciato prendere dai miraggi che un pur utilissimo sviluppo tecnologico ha proposto. Non si tratta di un riflusso, né di una virata, ma di certo si sono ampiamente diffusi le preoccupazioni legate all’ambiente su scala mondiale, la ricerca di stili di vita improntati a maggior equilibrio tra gusto e necessità di prestazione e consumo, e pure la moda, diciamolo, di nuovi prodotti creati (o solo furbescamente marchiati) come "bio" dilagante in tutti i campi, dal cibo agli abiti, dai mezzi di locomozione alle pratiche terapeutiche. Si tratta di un fenomeno complesso, che porta a galla movimenti culturali di vario genere, spesso contraddittori, dalle ubriacature new age a un più sano ecologismo religioso, da panteismi a volte grotteschi o neomagici a semplici e a volte ingenui salutismi e a genuino rispetto per il nostro ambiente di vita. Tale desiderio insomma c’è, innegabile. E indica pur se confusamente la ricerca, che nell’uomo di ogni epoca si esprime, di afferrare più consapevolmente la propria natura, di preservare e scoprire nuovamente il proprio volto più autentico. Che cosa c’entra con tutto questo lo strano fatto raccontato dal presepe, lo strano evento di un bambino che nasce da una ragazza e da un uomo, in mezzo ad una umanità semplice, legata alla vita dei suoi animali, sotto la volta stellata? La parola Natale rimanda a una nascita, a quella nascita speciale, e ha la stessa radice della parola natura. Nascor, natus – la natura è ciò che è nato. Dunque nel Natale, fissando quell’evento forse possiamo recuperare qualche indicazione anche circa questa fame di naturalezza, di vita secondo natura che per quanto disordinatamente segna la nostra civiltà tra tante doglie. Nel Natale va in scena una nascita. Per imparare qualcosa circa la propria vera natura l’essere umano deve guardare alla propria nascita più che a tanti fenomeni di moda che – pur con cause rispettabili – spesso interpretano i nostri desideri al solo fine di sfruttarli e non di chiarirli. Possiamo guardare cosa c’è in gioco nel nostro nascere, straordinaria esperienza che anche Dio ha voluto fare. Nella nascita ci sono due indicazioni elementari e chiare circa la nostra vera natura. Innanzitutto, nessuno si crea da se stesso. Così ogni supponenza, chiusura individualistica e, peggio, ogni presunzione di essere veramente uomini facendo da soli, rescindendo qualsiasi legame di provenienza (dal Dio creatore o semplicemente da uomini e donne prima di noi) si svela come innaturale. È innaturale pensare di nascere da se stessi, con buona pace di Nietzsche e di altre filosofie che hanno alimentato il mito rivelatosi folle e violento di un essere umano che si autoprogetta. Così come è innaturale pensare di non essere frutto di una relazione, di uno scambio, di un amore. Nel caso del bambino del Presepe lo scambio d’amore avviene tra Dio e una ragazza che rappresenta tutta l’umanità, ma sempre scambio d’amore è. Dunque, anche ritenere che la vita possa essere naturale senza uno scambio d’amore generativo, senza relazioni nutrienti, senza dipendere dall’amore è una erranza. Così come è naturale che la fragilità (cos’è un piccolo appena nato?) sia da accogliere in una comunità. Il Natale è un miracolo, ma serve a capire la nostra normale natura. Natura, nascita, Natale... sono parole che hanno la stessa radice. Basterebbe questo a vedere la straordinaria attualità dell’evento che chiamiamo Natale. La nostra epoca infatti è sovrastata e visitata a ogni livello dal problema della “natura”. Se ne esprime la nostalgia, la voglia, quasi la mania in modi multiformi. Si desidera tutti essere più “naturali”: ad esempio, attraverso il sorgere di prodotti e locali marcati “bio”, di nuove forme di alimentazione o di ginnastica o di consumi. Il grande tema del rispetto e della salvaguardia della natura a cui il Papa ha dedicato un’enciclica è esploso in questi anni e continua a offuscare e inquietare l’orizzonte. Ma cosa dice il Natale, dunque, al nostro sacrosanto desiderio di vivere in modo naturale? Che esso dipende dalla riscoperta dell’esser nati, dell’essere segnati dalla nascita, dalla evidenza di non essersi fatti da soli. Vivere secondo natura significa ammirare e interrogare la propria nascita. Di questa evidenza, che la ragione non dovrebbe mai dimenticare, la nascita di Gesù ci fa fare memoria. Mostrando che cosa è e da dove viene la nascita, da un Padre che vuole il nostro bene. Grazie al Natale nascere non è appena un fuoriuscire dal ventre di una donna per entrare a caso in un magazzino caotico chiamato mondo. No, dopo la nascita di Cristo, nascere è essere voluti. Lo ha mostrato con la sua carezza alle sofferenze degli uomini e il suo bene splendido, dolce, con il richiamo alla semplicità del fiore di campo e ai capelli che sono contati, con il sorriso ai bambini, ai doloranti, con l’affidamento fino al sacrificio. Nascere è essere voluti. La memoria della nascita – attraverso il Natale – può essere la vera vita naturale. Non ci sono altre scappatoie. L’ultima polemica divampata, e sempre strumentalizzata, ha coinvolto il Vescovo di Noto quando ha messo in guardia dall’uso banale di un simbolo: il vecchio che porta doni come Babbo Natale è un’invenzione commerciale. E giù un polverone. Allo stesso tempo Bill Gates propone libri. Uno è sul robot che assiste la ragazza malata. Secondo lui è “segno di come i robot miglioreranno le nostre vite”. Nessuno ha niente da dire? Preferiamo un amico o un’amica ad assistere un malato e speriamo che i Babbi Natali non regalino figli robottini per sostituire gli amici. Perché Natale è la festa di Dio che si incarna in un uomo, non di un uomo dematerializzato e programmato come un robot.

Carlo Cammoranesi