Cultura

La popolazione che diminuisce

Una fuga dalla città?

Una fuga dalla città?

La riduzione della popolazione fabrianese a meno di 30.000 unità, non è affatto un dato imprevisto. Ricordo quando più di dieci anni fa ebbi una polemica con l’allora ex sindaco Roberto Sorci che prevedeva un aumento della densità residenziale, convinto che i servizi al cittadino potessero migliorare in quantità e qualità, in virtù di una crescita delle tasse a carico di ciascun abitante. Bisognava essere attrattivi, ottimisti, organizzarsi ex novo, si diceva (ricordiamo al contempo il fallimento dell’iniziativa “Accendiamo Fabriano”). Nel frattempo la crisi epocale si stava affacciando alle porte e non era difficile prevedere che il crollo del modello imprenditoriale avrebbe comportato due immediate, inevitabili conseguenze: il mancato rientro dei giovani studenti universitari e il tentativo, di varie unità familiari, di costruire un futuro da altre parti, in altre regioni. Molti stranieri se ne sono andati, altri hanno soggiornato a Fabriano per un breve periodo, altri ancora hanno deciso di separarsi dal nucleo originario. Di fatto, nel 2018, Fabriano è una città che non vanta prospettive professionali, dunque destinata a rimanere una “valle depressa” non solo geograficamente, appannaggio di pensionati e dipendenti pubblici. La stessa politica ha delle colpe sulla tanto auspicata ripresa che non si avverte, stando alla chiusura di decine di attività artigianali nel 2017, e all’ultima vertenza, quella della Tecnowind, costata ben 250 posti di lavoro. Nessuno ha ancora proposto un progetto lungimirante, che segni il cambiamento di rotta. Cosa vuol dire essere fabrianesi, oggi e nel prossimo futuro? Come saremo nel 2028? Chi garantirà un reddito pro capite, di sopravvivenza? Chi penserà alla distribuzione equa del guadagno, così che i precari potranno arrivare alla fine del mese senza affanno o accumulando debiti? E’ necessario avallare una politica attiva del lavoro che non ricorra solo alla cassa integrazione a tempo indefinito e che faciliti la ristrutturazione dei processi produttivi: orientamento, riqualificazione e formazione professionale, incentivando la mobilità e l’assunzione della manodopera marginale. Ma qual è la direttiva da seguire, complessivamente? Su cosa puntare, sapendo che la parola mercato è irrinunciabile, vitale? Fabriano Città Creativa dell’Unesco, finora, è stato un brand non utilizzato, un laboratorio potenziale ma non reale, che non ha prodotto esiti positivi sul piano occupazionale. Turismo e cultura non risultano settori forieri di novità. Vedremo se la triade Comune, Fondazione Merloni e Fondazione Carifac svilupperà un piano sostenibile in vista dell’Annual Meeting del 2019 con 400 delegati Unesco provenienti da cinque continenti: non sarà sufficiente il solo dialogo interattivo e l’ospitalità fine a se stessa. Per ora la drastica diminuzione della popolazione riequilibra gli assetti. Meno lavoro c’è e più una città e un comprensorio si svuotano. Fabriano e l’Italia si assomigliano. Non siamo un’isola felice, ma altrove le cose non vanno meglio, se non laddove qualche ente pubblico dà occupazione nei burocratici uffici regionali e provinciali. Sappiamo, in base a studi specifici, che le nostre terre potranno essere accogliente, eventualmente, per flussi migratori dall’Africa. In Italia il saldo naturale (differenza tra il numero delle nascite e quello dei decessi), nel 2016 ha registrato valori negativi come nei due anni precedenti, ma in misura meno accentuata rispetto al 2015. Al costante calo delle nascite, nel 2016 si è affiancata una diminuzione del numero dei decessi, particolarmente elevati nel 2015, ma sempre maggiori rispetto agli anni precedenti del nuovo millennio. Dopo anni nei quali i flussi migratori hanno compensato il calo demografico, anche nel 2016, come nell’anno precedente, il consistente saldo naturale negativo, unito a un saldo migratorio positivo ma più contenuto rispetto al passato decennio, ha portato al decremento della popolazione. Siamo più globalizzati, più poveri, più insicuri e senz’altro meno stabilizzati nei luoghi di sempre. Sul fronte del movimento migratorio, distinguendo tra italiani e non, si registra un saldo naturale negativo relativo ai soli italiani (-204.675), bilanciato solo in parte dal saldo naturale della popolazione straniera residente (+62.852). Come a dire che ci si sposta, ma non ci si ferma…