Cultura

4.000 disoccupati: alziamo gli scudi

il lavoro latita sempre di più

il lavoro latita sempre di più

I dati sull’occupazione a Fabriano, che ci vengono ufficialmente forniti, sono sconfortanti. Nessuna ripresa: 3.900 disoccupati su una popolazione che a malapena raggiunge le 30.000 unità e un calo drastico della densità abitativa dal 2008 ad oggi. Fabriano e il comprensorio perdono 1.000 abitanti in dieci anni, tra i quali anche gli stranieri. L’emigrazione, termine che sembrerebbe vetusto, riguarda il nostro tempo, con una netta inversione di tendenza rispetto ai gloriosi anni Ottanta e Novanta. L’artigianato non segna un aumento di aperture delle attività rispetto alle chiusure, mentre il commercio, come segnala il presidente della categoria Mauro Bartolozzi nell’edizione cartacea del giornale, è in uno stato di difficoltà come non mai. Le industrie, per lo più, conoscono solo chiusure, vendite, cassa integrazione e riduzione del personale. Insomma, una fase che si pensava fosse di transizione, si sta rivelando stabile e nessuna evoluzione si registra sul settore del manifatturiero e del terziario. Nulla di nuovo da gran tempo, fin qui. Sembra però che questa condizione non venga presa in esame con la dovuta curatela né dagli enti pubblici, né da quelli privati. L’organizzazione dell’Annual Meeting dell’Unesco, percepisce questa carenza così grave? E’ intenzionata a dare un impulso al lavoro? Creerà start-up per i giovani? Il Comune di Fabriano, che pure non può offrire posti di lavoro, come sta cercando di contrastare la crisi del nuovo millennio? Quale azioni sta concertando con le associazioni di categoria, se mai ce ne fossero? Quali sono le direttive impresse dalla Fondazione Carifac, che sta cooperando proprio con Fabriano Città Creativa dell’Unesco in vista del meeting del 2019? I rapporti di Fabriano con la politica regionale non sono affatto dei migliori, come sottolineava tempo fa Francesco Casoli specie in merito alla mancanza di infrastrutture e di servizi adeguati (l'imprenditore è l'unico che parla senza peli sulla lingua). La recessione del territorio riguarda anche la dismissione della Camera del Commercio, nonché di altri uffici trasferiti altrove. Non un’impennata, non una reazione d’orgoglio, non un monito. Ma allora, cosa ci dobbiamo attendere? Ciò che Mauro Bartolozzi definisce una morte dovuta all’inedia, contro la possibilità di trasferirci con la Regione Umbria o addirittura di costituire una Regione a Statuto Speciale? Le provocazioni non sono mai insensate, quando nascono per scuotere. Non resta che sperare nell’inutile Accordo di Programma trasformato finalmente in Area di crisi industriale complessa, la quale riguarda specifici territori soggetti a perdita occupazionale di rilevanza nazionale e con impatto significativo sulla politica industriale, non risolvibili con risorse e strumenti di sola competenza regionale. Abbiamo bisogno di attrarre nuovi investimenti e di un sostegno ai programmi di sviluppo. Alziamo gli scudi.