Cultura

Fabriano e il cambiamento post-capitalistico

L'era del post-capitalismo

L'era del post-capitalismo

Fabriano è una città trasformata in periferia. Se lo è sempre stata geograficamente, ma non economicamente, ora il passaggio al terzo millennio, dietro l’impronta brutale della globalizzazione e dell’internazionalizzazione, ha reso anche il centro abitato più povero. C’è un pessimismo conservatore che non si riesce a debellare per la mancanza di freschezza di idee. E’ probabile che il riciclo generazionale, solo in parte avvenuto, non contribuisca alla ricarica dell’ambiente. I giovani se ne vanno in altre parti d’Italia o all’estero constatando come il loro titolo di studio e come le loro aspettative non combacino con l’offerta del paese immobile, spento, grigio. Sono le vecchie generazioni a non aver capito che le nuove non vogliono essere guidate, ma aspettano il bastone del comando in mano, che si conceda loro l’opportunità di cambiare. I giovani, come emerge dall’approfondimento settimanale del cartaceo, si lamentano, ma hanno una vivacità creativa per uscire dalle secche del post-capitalismo. Se l’industria non potrà essere accantonata, è vero anche che lo squilibrio determinato dalla politica di Antonio Merloni, Santini, Sorci e Sagramola, stando ai sindaci dell’ultimo ventennio, è stato di non incentivare la diversificazione e di non consentire che il giovane preparato culturalmente esprimesse il suo potenziale. La lodevole manifestazione “Fabriano in Acquerello” come altre, arriva in ritardo, se si pensa che in città limitrofe la cultura e il turismo si sono organizzate con più risorse e persone competenti da molti anni. Il terziario langue perché un progetto condiviso non è mai stato approvato tra le istituzioni e le categorie, che sostanzialmente continuano ad essere due realtà separate e parallele. Ma proprio perché ritengo che il nocciolo della questione sia improntato su un fattore generazionale e quindi culturale, ho accolto favorevolmente l’insediamento di un sindaco giovane, che avrà l’onere di fare passi in avanti con libertà d’azione e concertazione tra il mondo associativo rimasto sempre ai margini. Un’ultima considerazione sui Millennial. Studiare o non studiare: cosa cambia, ci si chiede? Cambia moltissimo, perché la conoscenza è alla base del progresso umano. Uno dei danni procurati dal capitalismo è stato quello di misurare l’individuo sul suo possesso, sulla sua proprietà materiale. Ha scritto il sociologo Francesco Alberoni sul “Giornale” domenica 6 maggio: “Voi provate a domandare alla gente che cosa desidera. Vi risponderà che desidera viaggiare, fare crociere, una nuova macchina, un nuovo televisore, una barca. Nessuno vi risponde che desidera imparare la matematica, il diritto, le lingue, la biologia o l’informatica”. L’Italia non sa coltivare la meritocrazia. Se è sulle parole che bisogna intenderci, il populismo dilagante di cui ogni organo di stampa discute in questi giorni, produce incomprensione a partire dal sostantivo. Viceversa il termine meritocrazia è chiarissimo. Si guardano i titoli, le competenze, le professionalità, le esperienze accumulate e si può fare la cernita di chi andrebbe promosso, sostenuto, valorizzato. Lo stesso vale per Fabriano.