Cultura

Il populismo non significa niente

Populismo: un termine abusato

Populismo: un termine abusato

Ci sono termini che vanno di moda e che vengono utilizzati con ripetitività, che imperversano sia nel linguaggio della gente comune, che nei giornali, che nel dibattito politico. Uno di questi vocaboli è “populismo”. Ma cosa significa esattamente essere populisti? Leggiamo sull’enciclopedia Wikipedia che il populismo è un atteggiamento comune che esalta il popolo sulla base di principi ispirati ad una visione demagogica. Non abbiamo, dunque, una visione chiara, perché rimaniamo nell’alveo di qualcosa di indistinto, di confuso. Sono populisti i rappresentanti del Movimento 5 Stelle, i leghisti, i berlusconiani ecc. Non si riesce a capire neanche cosa voglia dire esaltare i valori delle classi sociali, quando sembra che le classi siano del tutto scomparse e che l’unica differenza rimasta nella comunità sia quella che divide i ricchi dai poveri. Ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Il populismo è tipico di chi polemizza contro chiunque per accattivarsi il favore della gente. Ma anche in questo caso abbiamo la sensazione che l’aleatorietà la faccia da padrona. Dire che va tutto male, è un gesto populista? Criticare il sistema socio-economico, lo è altrettanto? Una ribellione alla cosiddetta casta ha un retro pensiero populista? Veniamo a noi. Fabriano è una città populista? Lo è l’amministrazione comunale guidata da Santarelli, l’opposizione tutta? Ritengo che non lo siano, se per populismo intendiamo un concetto precostituito, inamovibile, che oltrepassa l’analisi dei fatti contingenti. La città ha risposto con misura e responsabilità alla crisi produttiva, alla globalizzazione, all’internalizzazione, alla delocalizzazione, alla perdita dei posti di lavoro. Non abbiamo riscontrato eccessi, ma commenti equilibrati, concertati. In altri ambiti chi si mette al servizio degli altri, specie nel volontariato, lo fa per un autentico trasporto, per passione. Resta la nebulosa sul termine. Populista: lo è un consigliere che invia al nostro giornale una foto con lo sterco dei piccioni non tolto da chi dovrebbe farlo? Sicuramente non lo è. Lo è chi dà consigli su come affrontare al meglio la risorsa dell’agricoltura nelle nostre campagne? E ancora: lo è chi vorrebbe valorizzare il fiume Giano e costruire un parco per migliorare l’offerta turistica? L’impressione è che il populista protesti quando serve, o che avanzi proposte fondate anche se non sempre collimano con un approfondimento specifico. Il populismo e un non meglio identificato popolo, il più delle volte non nascondono verità sacrosante. Forse aveva ragione Giovanni Sartori, il grande politologo da poco scomparso: “Il termine populismo è molto più recente e ci arriva dalla Russia, dove fu coniato alla metà dell’Ottocento per indicare una rivoluzione dei contadini. Un significato che poi riemerge all’inizio del secolo scorso negli Stati Uniti. Il primo movimento fu represso, e il secondo fallì. Il che fece anche sparire la parola”. Oggi  il populismo è tornato e la sua voce è alta, potente. Forse dovremmo solo spegnere l’incendio.