Cultura

Il disagio fabrianese di genitori e figli

Il disagio giovanile

Il disagio giovanile

Questa settimana, sul cartaceo, il nostro settimanale si occupa del disagio giovanile. Abbiamo interpellato una psicologa per capire da che cosa nasce. Lasciamo ai lettori l'approfondimento di una disamina che sarà pubblicata sul numero di sabato 9 giugno, ma interveniamo su un punto che ci ha particolarmente colpiti. Il disagio dei giovani muta ed è sempre rapportabile con il tempo che viviamo. La crisi economica e occupazionale, della quale abbiamo parlato fino alla noia, purtroppo contagia le famiglie. Un padre o una madre che perdono il lavoro avranno un determinato atteggiamento con gli altri, compresi i figli. Cambiano gli stessi stili di vita, per cui ci si accorge che la Fabriano più povera del 2018 genera sofferenza psicologica, non solo in termini materiali, di possesso. La crisi imprime un tasso negativo di incidenza sul futuro. Ecco, i giovani, il futuro non lo vedono più. C’è lo stress, la paura di non farcela, di non essere all’altezza. Il disagio, spesso, non viene condiviso, tanto è vero che la confidenza tra figli e genitori viene repressa e non ci si riesce più a parlare. Qualcuno la definisce l’epoca delle passioni tristi, che è anche il titolo di un notevole libro di Miguel Benasayag. Afferma il sociologo Umberto Galimberti: “I genitori sono animati da quella stupida virtù che si chiama speranza. Auspico, mi auguro, spero sono parole inutili, da eliminare. Servono a consolare gli adulti e a non farli sentire in colpa per non aver saputo creare le premesse per dare ai figli un futuro. La realtà dei giovani di oggi è quella del nichilismo di cui parlava  Nietzsche. Manca lo scopo, manca la risposta al perché. Tutti i valori si svalutano”. I giovani non lasciano trapelare nulla, per cui i loro gesti lasciano atterriti in quanto non prevedibili. Spesso sono anche dei segnali di richiamo, un modo per attirare l’attenzione dei genitori. L’impressione è che si viva in una realtà sempre più chiusa e muta: l’autoreferenzialità è virtuale, si trova nei social network e non nella vita con gli altri, nel contatto, nella complicità. Per uscire dal disagio dovremmo uscire dalla crisi? I genitori non sanno più fare i genitori e i figli non sanno più essere figli. La passione coltivata dai giovani potrebbe essere una via d’uscita conto l’emergenza: la cultura, l’arte, lo sport. Specie quest’ultimo, con le sue regole da rispettare, sembra essere ancora un vitale luogo di formazione e di partecipazione che vince il senso di aleatorietà, di emarginazione.