Cultura

La sostanza dell'effimero

Alberto Sordi

Alberto Sordi

L’estate fabrianese, terminato il Palio di San Giovanni Battista, piomba nell’anonimato. La mancanza di finanziamenti da un lato e la solita, annosa difficoltà a fare rete tra il mondo istituzionale e quello associazionistico (temiamo che ciò avvenga per lo più a causa del protagonismo degli enti privati) impedisce ad una città capoluogo del suo entroterra, di stilare un cartellone di eventi all’altezza delle aspettative. Rimane, inoltre, l’attrito dei residenti e dei gestori dei locali del centro, sulla gestione della movida notturna che turberebbe il sonno di chi abita le vie del cuore della città. I giovani continuano a lamentarsi della povertà di iniziative, di attrattive. Fabriano è spenta, esattamente come lo era nelle estati degli Ottanta e Novanta. Non è la crisi, in questo caso, il paravento. Siamo sempre stati restii ad organizzare kermesse di livello, se si esclude il periodo in cui ha governato la Giunta del sindaco Francesco Santini. L’assessore alla Cultura e Spettacolo era Paolo Paladini. Molti ricordano un quadriennio foriero di belle attività: il concerto di Vasco Rossi e di quasi tutti i maggiori cantautori italiani, il cabaret, il teatro, la letteratura, il giornalismo, la musica da film (vennero in città Alberto Sordi, Nino Manfredi e furono recuperati degli spartirti grazie al contributo di un fabrianese eccellente, Giorgio Spacca, che purtroppo ci ha lasciato prematuramente). All’epoca la politica, come per incanto, fu capace di scongelare ogni difficoltà di interazione tra pubblico e privato perché l’assessore non era un politico e perché era colto, capace. E’ vero che il terremoto aveva consentito di usufruire di più denaro ed è vero anche che le aziende locali erano generose, ma l’atteggiamento di Paladini fu diverso da quello degli altri. Non aveva preclusioni di sorta e guardava alla concretezza. Sapeva discernere i valori e collaborava facendo squadra includendo la società civile nei progetti a medio e lungo termine. Del resto la sua provenienza da una lista non partitica lo favoriva. In molti la definirono una lunga stagione alla Renato Nicolini, il giovanissimo assessore alla Cultura che della Giunta del primo intellettuale di sinistra diventato sindaco di Roma: lo storico e critico d’arte Giulio Carlo Argan. Si parlò di effimero, ma quell’effimero generava contaminazione ed entusiasmo, partecipazione e svecchiamento di logiche imposte dal ritmo del lavoro nella fabbrica. Fu a partire dal 1998 che Fabriano scoprì la creatività, la necessità di dar voce ai giovani e il confronto, anche serrato, ma molto interessante, tra posizioni politiche discordi. Ricordo che l’assessore Paladini venne contestato perché invitò per una presentazione Marcello Veneziani, ideologo della destra, ma la sinistra rispondeva proponendo voci della loro parte. Si tennero degli incontri seguitissimi che Santini e Paladini appoggiarono per il piacere di innervare il dibattito, di abbattere la barriera tra il cosiddetto palazzo e la gente comune. In quegli anni emerse a Fabriano un personaggio a tutto tondo che contribuì molto alla crescita culturale della città: Sandro Pascucci, allora direttore artistico del Teatro comunale di Cagli ed ex sindaco di Longiano. Nacquero le brevi residenze con l’arrivo di grandi protagonisti, a costi stracciati, che soggiornavano in città e offrivano l’anteprima dei loro concerti e delle loro esibizioni. Oggi l’effimero che diventa sostanza è sfumato, la fantasia ha perso smalto e la cultura è stata alienata. Il resto è noia, canterebbe Franco Califano, che esaltava l’adrenalina dei contatti interpersonali contro monotonia e routine.