Dialogo

Punto "non nascite"

Caro direttore, sono nato a Fabriano, come mio padre, mio nonno, i miei bis-bisnonni. Ora, vivo lontano e mi trovo spesso a viaggiare per l’Europa, ma quando mi chiedono dove sono nato, rispondo sempre, con orgoglio, “a Fabriano”. Per la prima volta nella storia della nostra città, questo orgoglio sarà negato a tutti quelli che nasceranno, da oggi in poi: i figli dei Fabrianesi dovranno nascere fuori della terra dei loro padri, come piante da far germogliare in serra. Potrà dirmi che ciò che conta è nascere “bene”, dovunque questo avvenga; sono d’accordo solo in parte: si può decidere di far nascere il proprio figlio in qualunque città e in qualunque paese, per scelta, per necessità, per opportunità, ma non per costrizione. Perché è questo che dispone il provvedimento che entrato in vigore, secondo una norma miope, e, se permette, un po’ disumana, che scambia il valore umano di una “nascita” con il significato numerico di un “parto”. La secolare carenza di collegamenti della nostra città, peraltro tuttora irrisolta, aveva indotto a dotarci di un Ospedale che fosse in grado di sopperire sul posto alla necessità del territorio, senza costringere la gente a lunghi e spesso faticosi spostamenti. Ora, in questo nostro Ospedale ci si può andare per cure, per analisi cliniche, per interventi chirurgici, per guarire insomma, talvolta, ahimè, anche per morire; non più per nascere. Si priva così questa struttura della sua funzione più grande e più bella: quella di sostenere l’inizio di una nuova vita su questo territorio. Su chi abbia preso la decisione ultima è cosa avvolta nelle nebbie del rimpallo di responsabilità, e forse, ad oggi, sarebbe una ricerca inutile. Ma non posso fare a meno di riflettere su come questo evento sia un nuovo episodio di una serie che conferma l’indifferenza, se non l’ostilità, delle istituzioni regionali verso il territorio interno e il fastidio mal sopportato verso le sue legittime rivendicazioni. Fabriano è, tra i Comuni italiani, uno dei più lontani dalla sede della sua Provincia e dal suo Capoluogo di Regione: un secolo e mezzo fa un incidente nella formazione dello Stato unitario ci ha inserito nella provincia di Ancona, una città da cui ci divide profondamene non solo la distanza, ma la storia, la cultura, le tradizioni, i rapporti sociali, insomma tutto. È proprio impraticabile un referendum per spostare all’Umbria il territorio di Fabriano? Mi scusi lo sfogo. Mario Bartocci