Dialogo

Quella chiusura alla Stazione

“Atto dovuto”. Voglio prendere in prestito questo termine molto usato nel mondo giuridico perché esprime in modo efficace e con sintesi immediata la situazione in cui mi sono venuto a trovare e che risponde, ormai da tre mesi a questa parte, alla triste e nota chiusura definitiva della mia attività di edicola presso la stazione ferroviaria di Fabriano. In qualità di affittuario, con la mia edicola, di una “location” nell’atrio della stazione ferroviaria ho cercato di far presente alla controparte RFI proprietaria del patrimonio immobiliare della Stazione, e la difficoltà economica dovuta alla crisi che ormai imperversa da un decennio sul nostro territorio e la sopravvenuta ed eccessiva onerosità della prestazione(affitto) per avvenimenti straordinari e imprevedibili a me non imputabili (Covid). La risposta è stata quella di alzare un muro di gomma in cui sono rimbalzate e quindi infrante tutte le mie richieste di aiuto per cercare di venirmi incontro e superare il momento di crisi che stavo subendo e vivendo. Burocrati senz’anima e senza buon senso che pensano solo agli interessi della Proprietà e al proprio tornaconto. Ma quale interesse può giustificare il tenere ora un locale sfitto e abbandonare un edicola che da sempre presente in stazione come servizio integrativo e complementare all’esercizio ferroviario è stata anche definita “essenziale” dagli organi istituzionali e fedelmente aperta durante tutto il lockdown, alla stregua di farmacie ed alimentari, in quanto ritenuta svolgente funzione di interesse pubblico e generale, principio di democrazia, faro per la libertà di stampa e centro di aggregazione e di servizi essenziali e culturali. Quando un’edicola chiude, il quartiere, la piazza o la stazione si impoveriscono di quel capitale relazionale di cui la vita collettiva avverte il bisogno e si svuotano di quella socialità insita negli spazi dove la comunità si ritrova perché le edicole sono e saranno sempre luoghi di abitudini consolidate della quotidianità dove si sviluppa un rapporto di conoscenza e fiducia con le persone. Che amarezza” direbbe Cesare dei “Cesaroni”. Certo è che un epilogo del genere, nonostante le difficoltà sempre superate e i tanti sacrifici sopportati non me lo sarei mai aspettato né meritato per tutto l’impegno sempre profuso in questa attività, ma come dicevo mi sono sentito “obbligato” per non aggiungere al danno anche la beffa. Avrei sicuramente continuato per altri anni con lo stesso interesse ed entusiasmo con cui cominciai nel lontano 1998, quando i miei suoceri, i mitici Dante e Marisa, allora gestori del chiosco edicola nell’atrio della stazione, mi proposero di affiancarli per aiutarli in quanto “solo” dopo 40 anni di svolgimento ininterrotto dell’attività cominciava per loro ad affiorare qualche cenno di stanchezza. Prima di loro l’Edicola della stazione che a buona ragione viene definita storica era gestita dalla “signorina” Inelda che dal dopoguerra agli anni ‘60 ha mantenuto sempre aperta l’attività, aiutata a sua volta da Marisa e Dante. La prima conosciuta per le sue grandi doti di energia schiettezza e generosità; il secondo invece per il sorriso e la battuta sempre pronta per tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato perché rappresenta sicuramente la figura classica del Giornalaio sempre disponibile a disquisire su tutto cercando di rallegrare comunque la giornata con un “Buongiorno per tutto il giorno”. Famose le sue battute, ad esempio nei confronti dei lamentosi: “la vita è bella perché è a-variata”, oppure nei confronti dei saccenti acculturati: “la coltura bisogna coltivarla…io modestamente c’ho quella delle patate dei pomodori”; “anch’io ho fatto le scuole alte...sempre al quinto piano”, e così passavano quelle giornate interminabili fino ad arrivare ai giorni nostri. Le cose sono un po' cambiate, perché nell’atrio della stazione ci sono state delle modifiche che hanno portato ad eliminare il vecchio chiosco e la biglietteria ferroviaria sostituendo entrambi con due negozi all’interno dei quali collocare una agenzia viaggi e la nostra edicola. Il passaggio non è stato indolore: vuoi per i diversi traslochi sempre all’interno dell’atrio man mano che avanzavano i lavori, vuoi per la nostalgia di lasciare un posto come il chiosco per tanti anni crocevia di sguardi e mezze frasi, quasi una finestra sulla città e sul mondo, da dove sbirciare sulla vita degli altri. Si sa, le attività all’interno delle stazioni ferroviarie godono di un avviamento parassitario in quanto fruiscono di una clientela di passaggio che oltre agli habitué rendono viva e attiva la giornata. D’altra parte quando finalmente siamo entrati nella stanza predisposta per la nuova edicola, (correva l’anno 2004) abbiamo subito apprezzato i nuovi e molti aspetti positivi. Primo fra tutti quello organizzativo: tutto diviso per settori, ben visibile e con la possibilità di sbirciare le riviste qua e là, cosa che non ho mai impedito alla diversa clientela con cui è aumentato il contatto e calore umano, attraverso l’ascolto e l’aiuto che sono stati sicuramente apprezzati dando un tocco in più nell’acquisto. Potevo finalmente fare quello che più mi attirava di questa attività: leggere gratuitamente tutta la merce di ogni genere che arrivava, una cultura infinita nelle mie mani e quindi una formazione e condivisione di informazioni con altre persone. Sono stati anni bellissimi, ma come tutte le cose belle prima o poi… Così quando nel 2010 è cominciata la crisi economica globale la cosa non sembrava toccarci, ma ci siamo illusi in quanto di lì a poco, complice anche la crisi dell’industria editoriale, è stata tutta una discesa continua fino ad arrivare ai giorni attuali. Per cercare di resistere e sopravvivere si è cercato di diversificare integrando l’attività con altri servizi utili alla clientela come la vendita di biglietti ferroviari di tutti i tipi e tratte, le ricariche telefoniche o anche con l’ulteriore vendita di prodotti come i “gratta e vinci” o i “pastigliaggi” (gomme caramelle snack). Integratori che però non hanno fermato l’emorragia di vendita dei giornali. Siamo passati dalla vendita di centinaia di copie a decine di copie di riviste come “Focus”, fumetti come “Tex”, periodici come “Gente” o “Oggi” e la gloriosa “Settimana Enigmistica”, unica comunque a tenere il passo dei tempi insieme alle novità, soprattutto per i bambini che attraverso la pubblicità sono più aggiornati di noi su quello che a loro interessa. Sono particolarmente attratti dalle figurine dei calciatori panini, degli animali Cucciolotti e non da ultimo dal fenomeno dei Pokemon. Con la loro voglia trascinano con sé anche i nonni che così possono, ogni tanto, assaporare il profumo della carta e dell’inchiostro. Una sensazione difficile da spiegare oggi ai “nativi digitali” che con i loro “news media” sono perfetti ma senza un’anima. Un’anima, quella delle edicole, che soffre perché nonostante abbiano lasciato impronte storiche nella società ora rischiano di estinguersi, per cui bisogna cercare di ricostruirsi senza snaturarsi e quindi diversificare ma senza perdere la propria identità. È necessario coniugare i servizi che vanno a rafforzare il concetto di comunità, reinventarsi con il multitasking, trovare quindi un equilibrio che è difficile, a metà tra identità e sopravvivenza. Ora, considerazioni e commenti sull’argomento ne sono stati fatti tanti e tanti se ne faranno ancora, fiumi di parole mai concretizzate. C’è molta sordità in giro, soprattutto da parte di chi potrebbe e dovrebbe fare qualcosa, manca oltre che il rispetto la comunicazione con distributori ed editori, i quali non vogliono capire che senza le Edicole non potrebbero distribuire proficuamente i loro prodotti. Concludendo, come ex edicolante, mi sento di consigliare ai colleghi, soprattutto quelli più avanti negli anni come me, di adattare il passato ad un presente più tecnologico attraverso l’informatizzazione dell’edicola e l’ottimizzazione delle rese attuando una maggiore autonomia nei confronti del distributore. Occorre una riqualificazione degli operatori e gestori dell’edicola e una conversione dei negozi di giornali in veri e propri spazi culturali di raccolta, ispirazione e condivisione; punti di riferimento per tutti e non solo per acquisti ma anche per passare il tempo e incontrare vecchie e nuove persone, senza limitare così l’edicola a un semplice bazar volto solo a sopravvivere. Un saluto e buona vita a tutti perché come abbiamo detto: “la vita è bella perché è avariata”.

Ercole Barbarossa