Dialogo

Ristorazione a singhiozzo

Lunedì 18 maggio è iniziata per le attività commerciali la cosiddetta fase due, quella della riapertura, ma soltanto una minima parte dei pubblici esercizi della città ha ripreso a lavorare. In molti, infatti, hanno atteso l’arrivo del fine settimana per riaprire i propri locali, altri lo faranno a fine maggio mentre altri ancora attenderanno i primi di giugno. Queste aperture scaglionate sono scaturite dall’esigenza di mettere a punto i vari, numerosi, dettagli contenuti nei protocolli. Tanti, infatti, sono gli adeguamenti che baristi e ristoratori si sono trovati a dover attuare: primo fra tutti l’assetto dello spazio riservato ai tavoli destinati ai clienti. Distanza interpersonale di un metro da rispettare sempre ed anche in sala, per cui, centimetro alla mano, i tavoli sono stati disposti seguendo questo diktat che va osservato anche quando i commensali seduti a tavola non appartengono allo stesso nucleo familiare. Non facile questo punto da dover gestire con la clientela, in molti vorrebbero mangiare vicino a quegli stessi amici che il decreto legge permette di andare a trovare a casa. Tutto sarebbe più facile, quindi, se i clienti potessero firmare un’autocertificazione dichiarando di voler mangiare con il proprio amico o collega a distanza ravvicinata ma per ora non è possibile. Per il gestore, lo spostamento di tavoli e sedie ha comportato una diminuzione di almeno il 35/40% dei posti a sedere e per questo motivo molti si sono organizzati lavorando su più turni nella stessa serata (discorso valido soprattutto per la serata di sabato). Tra gli oneri poi c’è quello di appendere cartelli informativi su come ci si deve comportare all’interno del locale: i clienti hanno seguito senza difficoltà le indicazioni degli operatori di sala riguardo ad esempio l’obbligo di indossare sempre la mascherina ad eccezione di quando si è seduti al proprio posto. Nessun obbligo, invece, di misurare la temperatura al cliente ma i dati identificativi dello stesso dovranno essere conservati per 14 giorni qualora dovesse verificarsi un caso positivo tra fruitori o dipendenti. La maggior parte dei ristoratori poi ha accolto le indicazioni dei protocolli riguardo ad un menù versione digitale e si sono indirizzati su prodotti monouso e monodose (tutto ciò per rendere il servizio più snello e non dover ottemperare all’obbligo della sanificazione dopo ogni uso). I cambiamenti che i gestori dei locali si sono trovati ad affrontare sono molti e legati anche all’aspetto economico. La diminuzione dei posti a sedere hanno, di conseguenza e purtroppo, portato ad una riduzione del personale: quasi la totalità dei pubblici esercizi non ha impiegato tutta la forza lavoro che di cui si sarebbe avvalsa in un fine settimana normale pre-Covid. Tasto negativo questo che si assomma alle tante spese a cui il gestore è chiamato a sopperire (costo dei prodotti di sanificazione primo tra tutti) considerato poi che l’afflusso della clientela, escluso il fine settimana, non è così ingente anche in relazione alla mancanza di lavoratori in modalità smart-working, a pregresse problematiche economiche del territorio e all’assenza di turismo. Il settore dei pubblici esercizi è sicuramente uno di quei settori che esce dalla quarantena con le ossa più rotte ed in ginocchio. In questa difficile fase come i gestori dei locali si impegnano a garantire la sicurezza dei propri clienti e dipendenti così ognuno è chiamato a collaborare nel rispetto delle regole non dimenticando mai che alla base di tanti sacrifici c’è la tutela della salute.

Antonella Bartolini, responsabile Pubblici Esercizi Confcommercio Fabriano